Tommaso Campanella, Monarchia del Messia, p. 87
neque turbulentus, donec ponat in terra iudicium. Dunque
senz’armi e senza temporale giurisdittione, donò la legge; ma doppo
questo, tutte le giurisdittioni havea da prendere per reggere quelli
che la sua legge pigliano, come usa la Chiesa in sua virtù, et il papa
in suo loco. La legge fu data nella croce, dunque Christo fu figlio di
David, et a David fu promesso il regno eterno nel suo successore,
cioè nella persona del Messia, come li profeti et dottori dichiararo, et
li fu promesso anco il sacerdotio insieme; e però disputa l’apostolo a
gli hebrei che cessò il sacerdotio di Aron, et fu unito nella prosapia
di David per servare la figura e maggioranza di Melchisedech, re et
sacerdote, e per ristorare il secolo aureo della prima legge della
natura.Dunque, pigliando Christo et adimplendo la profetia del
regno di David, segue forzatamente che egli habbia regno spirituale
e temporale; e poscia tutti i prencipi christiani essere armati delle
armi di David, et che il papa sia re et sacerdote universale, perché
non ha perduto David in Christo il regno temporale, ma l’ha ricuperato,
come appresso si vedrà.E se Christo non havesse temporale
dominio, non si potrebbe con bona faccia contrastare alli anabatisti,
che li christiani tutti spogliano di signoria temporale, perché in vero
par che debbano far quel che Christo fece et non tener l’usi della
gentilità; dunque da Christo debbono riconoscere ogni potestà,
come Messia e figlio di David, del che le Scritture sono piene. Prima
fu detto ad Abram, Isac, et Iacob, In semine tuo benedicentur omnes
tribus terrae; perché in Christo lor seme si uniscono tutte sotto un
culto divino, et lasciano la maledittione incorsa per l’apostasia
prima, e cresciuta con l’idolatria, et altri peccati. Però sendo tutto il
mondo benedetto, è necessaria la potestà temporale a questo prencipe
universale di lor seme per punire li spiriti bizarri, e di novo apostatanti
sotto questa legge. Et l’apostolo Ad Romanos espone: Non ex
opere, sed ex fide promissio Abrahae ut heres esset mundi. Di tutto il
mondo dunque l’heredità tocca a Christo. Così agli Hebrei: Quem
constituit haeredem universorum. Et è chiaro, che non esclude mai il
temporale, ma l’include; et poi l’apostolo, in questo loco, espone che
di Christo fu detto: Omnia subiecisti sub pedibus eius, benché si
parli d’ogni huomo, perché Christo in sé tutta la natura humana