Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 192

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epistole sue si vede, e non unì e separò li principi a suo modo?
E sono di parere, che se tutti i principi e popoli insieme si mettessero
a estirpare il papato, non potrebbero, come per ragione si
prova, accordante alla promessa di Cristo Matt. 18: Quodcunque solveris,
etc. e Portae Inferi non praevalebunt, etc., perché con una cruciata
s’armerebbero tutti i religiosi, che passano i milioni e milioni, e
s’opporrebbero al mondo tutto con la lingua e con la spada, e i
popoli perderebbero l’ardire di combattere con persone sacre, e se
non lo perderebbono tutti, alcuni lo perderebbono che disanimerebbono
gli altri.
Ecco Moise solo con i Leviti e sacerdoti s’armò contra il popolo
ribelle d’Israel e contro i principi, che erano seicentomila combattenti
e eccedevano un milione d’uomini e donne, e pure con una sola
turba sacerdotale in un giorno ammazzò trentatre mila persone, e
ridusse il resto all’obbedienza, perché la religione armata, predicata da
uomini da bene, non ha possanza che li possa resistere, e i Romani,
quando s’accorsero della forza della religione nova cristiana, benché
disarmata, cominciaro ad ammazzare, e vincendo perdeano, onde
<vinti> si fecero cristiani poi con l’imperatore loro Constantino.
Ma se il vescovo o il Papa è scelerato, pure se il Re s’oppone a
loro, perde, e vincendo gli bisogna che gli baci i piedi, come fece
Ruggero Guiscardo re di Napoli al Papa, dopo che in guerra lo
superò. Per tanto alcuni re trovaro per rimedio contro i Papi l’apostatare
da loro e dalla fede, e rovinaro, come Arrigo inglese, e questo in
Spagna sarebbe più rovina, ut supra.

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