Tommaso Campanella, Poetica, p. 319

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a vivere e a conservarsi; ma, perché mancarono le
virtù e le maravigliose azioni in coloro ai quali furono
venduti li poemi, come avviene che ogni cosa sacra si
profana per povertà o cupidigia, fu bisogno quelli dipingere
non come erano, ma come dovevano essere. Quindi
ebbe luogo la favola, con la quale, imitando il vero,
si accresce la virtù d’alcuno, e il male quando s’odia,
come fece Virgilio in Enea e Didone. Di più, non potendosi
alla scoperta riprendere i vizi de’ tiranni, fu mestiere
per via di favole da’ dotti solamente intese andarli descrivendo;
ed essendo malagevole ai vulgari apprendere
i precetti morali, per facilitarli fu bisogno favoleggiare,
come conviene a lor gusto vaneggiante e infermo.


[III. Natura della poesia].

È dunque la poetica arte imitatrice, con le voci numerose
e figurate, delle cose pertinenti alla nostra vita,
la quale con piacevolezza ella ammaestra, e ha molta convenienza
con la statuaria e con la pittura, essendo che
annoto con Platone, che siano tre maniere d’arti regolative
della nostra vita: prima è quella che comanda a
tutte l’altre e si dice architettonica, come la legislatura
di Licurgo e di Solone e, più divinamente, quella di Mosè,
la quale, riguardando alla felicità pubblica, sa indrizzare
l’altre arti al fine, ma non sempre ad operar quello che
elle fanno; così la medicina è architettonica rispetto alla
coquinaria e alla speziaria. Un’altra opera le cose pertinenti
alla vita, senza intendere altamente e speculativamente
il fine: tali sono l’ultime predette e quella che fa
il fine per uso dell’arte cavalleresca, senza intendere il
modo col quale si adopera il cavaliere. La terza è imitatrice
d’ambedue, benché ella non intenda quel che
l’una e l’altra maneggia: tale è la pittura, che dipinge
il freno, il cavallo e il cavaliere e qualsivoglia altra cosa,
ché le rappresenta di fuore, senza interiormente conoscerle.
Di queste è la poesia, la quale cammina per ogni cosa
ed è molto sicura, quando intendesse il suo viaggio. Ma
perché pochi conoscono il loro fine, ma sono poeti per

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