Tommaso Campanella, Poetica, p. 334

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è scopo del poeta, o sia vero, o falso, o buono,
o scelerato ingannatore. Ben disse Isocrate a Nicocle,
che l’ingegno dell’uomo per lo più è corrotto, e s’infastidisce
del vero, e sempre cose ammirabili e curiose ricerca;
il che – dice – da ciò si vede, che, tutti giudicando i
poemi e gli altri scritti che persuadono alla vita [virtuosa]
utilissimi; nondimeno non di buona voglia s’ascoltano,
ma si fuggono in quel modo che i maestri da se medesimi,
come insegnatori del bene, schivano, e amano le
compagnie di coloro che l’accompagnano alle viziose
azioni e non di quelli che si distolgono dalle dette azioni
alle virtuose. Il che si vede in ciò, che tutti confessano e
laudano Teognide e Focilide, perché hanno lasciato poemi
di precetti e sentenze regolatrici del vivere, e dall’altra
parte gli abborrono e più volentieri ascoltano una scelerata
commedia, che i loro documenti; perciò – dice
poi – non cercano le cose più utili, ma più favolose. Per
questo Omero e li tragici – segue – sono ammirabili,
perché, considerata la corrozione del genere umano, hanno
abusato le condizioni male del tempo e della malvagia
educazione a far grata la loro poesia, l’uno introducendo
le guerre e favolose contenzioni tra gli dèi, e gli
altri le favole riducendo in giuochi e azioni, che non
solo udire, ma vedere si possono. Ma questo invero, che
Isocrate disse, non doveano far questi poeti grandi, se
erano amanti della Ragione Eterna, perché non si deve
assecondar in tutto il rumor del volgo, ma, secondarlo
mostrando, insegnarlo e ammaestrarlo, sì come al fanciullo
rifiutante la medicina amara, quando è ammalato,
il buon medico non deve darli cose dolci e dannose,
ch’egli appetisce, ma darli l’utile medicina, dicendoli che
è dolce e intingendo l’orli del vaso con liquori piacevoli,
come disse Lucrezio a Memmio, altramente il poeta, non
medico, ma cucinaro, che fa le cose al gusto solamente,
sarà, come disse Platone dell’oratore adulante, e ucciderà
l’infermo volgo porgendoli fallaci e dannose favole.

In verità le poesie favolose sono stromenti della tirannia,
perché si rende [il] popolo ignorante e spettatore di

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