Tommaso Campanella, Poetica, p. 367
suo fonte donde nacque questa rovina, narrando tutte
le sedizioni e discordie romane sin da prima, quando:
Fraterno primi maduerunt sanguine muri.
Quel modo di trattare, a benefizio della Città d’Iddio,
santo Agostino ne scrive
assai cose degne di ammaestrarci
e difenderci dalla gentilità.
Ritorniamo a noi, dicendo che né un solo usôrno a
mettere i poeti buoni di questi eroi
d’una parte e dell’altra,
ma a tre e a quattro e a dieci, come fa Omero l’uno e l’altro
Aiace, Mecione e Idomeneo, Sarpedone,
Glauco, Deifobo ed Enea; così Solimano, il
Soldano, Tisaferne,
Emireno, Tancredi, Roberto e altri, posti dal
Tasso; e
dall’Ariosto più, come Rinaldo, Brandimarte,
Ruggiero, Aquilante e altri, Sacripante,
Gradasso, Mandricardo
e simili. Non si deve però mai lasciare di scrivere
un buon
cavaliere atto all’armi e alla prudenza insieme
e altre virtù, come Diomede, Palamede,
Bruto,
Ciro, Scipione, Cesare, Scanderbech e simili, de’ quali
pochi la natura usa
fare, onde i lettori prendano esempio
d’imitargli; e questi devono avere il primo
preggio
nel poema e non Achille, altrimente gli uomini vorranno
a lui
assomigliarsi, con procacciare male a sé e a’ suoi.
All’incontro si usa descrivere una
persona non tanto atta
all’armi, ma molto all’astuzie e all’accortezza, qual fu
Ulisse, a cui risponde Gano di Maganza e Sobrino, non
però troppo bene. Dunque
Omero in questa persona
tien la palma, perché invero la natura usa tale fargli
prudenti,
quali non sono gli Achilli, e tali forti, quali non
sono gli Ulissi, per
le ragioni che vi ho detto nella nostra
Filosofia, ragionando
delle passioni dell’animo; e
nell’Apologia, parlando
dell’irascibile, dissi che non
troppo si accoppia la gran forza con la prudenza e che
spesso è vera quella di Catone:
Consilio pollet cui vim natura negavit.
Basterà a voi, Vincenzo Miliani, per dipingere le cose
di fuori, se non vi
appigliarete a queste scienze, che
l’imitazione d’Omero e d’altri valentuomini facci
regola,