Tommaso Campanella, Poetica, p. 373

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migliore? Certo, chi mette la religione in burla, come fa
Omero e, tra’ nostri, l’Aretino e altri scelerati, non solo
è indegno di Dio, ma anco di vivere con gli uomini,
poiché guasta l’anima della vita civile; e quindi si scorge
che malamente Lucano introduce Catone disprezzare
l’oracolo del dio Ammone, perché, quantunque ragionevolmente
egli non gli credesse, per ragion di milizia
doveva intenderlo e interpretarlo a bene de’ soldati già
stanchi per il viaggio della Libia arenosa. In questo errò
anche Scipione Emiliano, quando faceva guerra a Perseo,
non sapendosi servire a suo pro dell’eclisse della
luna, come ben fecero Druso e Agatocle, come insegnavamo
nel libro Del governo ecclesiastico; ma quella
volta che il predetto introduce Cesare a non tenere conto
del bosco de’ Marsiliani consecrato alli dèi, ma, per
farne vincere, di propria mano cominciò a segarlo, il
che temevano fare i suoi soldati, non fece male, perché
egli cantava Cesare fortunato e apprezzato dagli dèi,
de’ quali però poteva confidarsi e mostrarsi confidente,
onde maggior opinione di lui fosse ne’ suoi accresciuta:
il che importa assai nella guerra.

Si devono ancora introdurre messaggeri celesti, detti
angeli, secondo le proprietà attribuitegli nella sacra
Scrittura, perché ad annunziare sarà atto Gabriele, di
cui si serve il Tasso, a combattere Michele, come fa
l’Ariosto, e Rafaele a medicare, quando fusse cosa importante,
come Venere a guarir Enea con dittamo nel
maggiore bisogno; e Dante mette disputare un diavolo
con san Francesco per l’anima d’un frate, e per darli
la sua proprietà, non avendo nome commune, lo chiama
un nero cherubino, perché cherubino vuol dire sapiente
e sì come, angeli, sono sapienti di pura sapienza, così,
fatti diavoli, divengono sofisti ed eloquenti, come lo fa
Dante a punto.

Nondimeno non si deve introdurre divinità, se non
occorre bisogno tale, che senza quella non si possa recar
al fine l’intrigo, come Sosanna era uccisa senza Daniele.
Erra dunque Virgilio quando converte le navi
d’Enea in ninfe, acciò non se ne servissero i nemici,

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