Tommaso Campanella, Poetica, p. 406

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più tosto Pietro e Paolo, che Nerone, ma ancora più
tosto Seneca o Lucano, che fûro Gentili e morti dal medesimo,
come Pietro e Paolo, perché in eterno si vive col
buon nome, e questo si reputa communemente felicità,
della quale ne hanno più i santi Pietro e Paolo, sendo eglino
più onorati e lodati, che Seneca in terra, e hanno
di più la gloria celeste, a cui questa della terra non si
può paragonare.

Mostra altresì l’instabilità della fortuna questa tragedia
cristiana, mentre nella persona degli avversari rappresenta
morte violenta o passione grande, come fu quella
d’Erode e d’Antonio empio, ed eterno biasmo, quale
è di Massimiano, Diocleziano e altri. Pure, se siamo
tanto schizzosi, che vogliam le cose alla greca, si faccino
tragedie e simili di quelle del Bragadino e del re Enrico
III di Francia, che si possono ridur benissimo a quelle
loro regole, le quali non hanno tanto riguardo all’util
vero e al vero bene, quanto le nostre, ché, sebbene –
come dicono – non introducono tanta compassione le
nostre, nelle quali muore chi non estima la vita per farne
guadagno di migliore a sé e a noi, onde ci rallegriamo e
facciamo festa, come s’usa negli offizi della Chiesa, pure
al senso passioni apporta la ragione non disperative e
feminili – come a coloro, «qui spem non habent», dice
san Paolo – ma di tenerezza, di carità e di virile animo
e di disprezzo della morte e delle felicità umane. Il che
quanto importi alla politica ancora lo dimostrano tutte
le leggi, che si sforzano persuadere il disprezzo della morte,
almen per l’altra vita. Dunque e politicamente e divinamente
svegliano maggiori affetti, più utili e più compassionevoli,
che io non voglio donare loro, come provano
quelli che piangono nella predica del giovedì santo.
Direttamente le nostre tragedie dunque sono più
da stimare che le altre, che altresì concedono per condescendere
in qualche parte all’usanza, la quale vanno spargendo
saviamente i padri Giesuiti.

Avendo dunque il principal soggetto della tragedia,
è da sapere che ella ha li suoi principio, mezzo e fine
tanto allungati e abbreviati, che si possono avanti la

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