Tommaso Campanella, Poetica, p. 413

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Finalmente si possono dipingere tutti gli avvenimenti
popolari atti ad ammaestrare la vita per l’esempi di felicità,
di industria, di fortuna o maldicenza di viziose
persone, le quali hanno recato male ad altri incauti;
però migliori soggetti sono quei che meglio informano
i popoli, onde la commedia dell’Oddi sarà superiore a
tutte l’altre di Plauto. Devono essere le commedie piene
di proverbi populareschi e di metafore, cavate da
cose basse da quegli uomini che sono introdotti, li quali,
facendo ridere, insegnano a vivere, ché queste restano
più a mente. Ma nella tragedia sono alte sentenze,
che dicono le cose dello stato umano e della fortuna e
di Dio e delle nostre miserie e felicità gravemente, in
modo che l’animo con ammirazione, non con risa, le
riceva, onde non da cose vili saranno traslati i lor sentimenti,
come s’usa nelle commedie.


[XXIII. I generi minori].

Le satire si fanno per riprendere i vizi degli uomini
cattivi e de’ grandi e, questo essendo offizio di savio,
devono essere gravi; alquanto oscure e condite di alcune
parabole ponno essere, che imprimano alla mente del
lettore odio della cosa che si biasma, dando il precetto
di schifarla. Dispone la sua materia Giovenale in quei
versi:

Quicquid agunt homines … ecc.
… nostri farrago libelli est.

Gli scrittori non devono essere macchiati di quei vizi
che riprendono, come fece l’Aretino, altramente pararanno
parlare per scherzo e non saranno creduti; onde
Giovenale disse così:

Quid patitur Gracchos de seditione querentes.

Il poema lirico deve essere filosofico, allegro e piacevole,
in modo che consoli gli animi di chi lo legge,
onde si compone di voci facili, correnti, numerose e

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