Tommaso Campanella, Poetica, p. 414
spesso diminutive, replicate, vocative, come in Catullo
s’osserva, che
perciò ha nome di dotto più d’Orazio.
L’elegiaco piange gli amori, i travagli e miserie e morti
della presente vita, e parla
interrotto, simile a chi ama
e si duole e si sgomenta; ha più gravità del lirico,
non è oscuro come la satira, perché quella si fa con arte
e questo con affetto.
Parla in esso semplice il poeta, come
nel lirico e satire; può bene introdursi l’amata
sua
a rispondergli, come il satiro introdurrà risposte d’un
adultero, d’un
ipocrita, o pur d’un filosofo, secondo il
bisogno: ma tutto si rimette alla discrezione
dell’imitazione.
La bucolica, o pastorale, o piscatoria, ragiona dell’imprese
e avvenimenti de’ pastori
e de’ pescatori, e sotto
nome di tali arti si può intendere il governo degli uomini,
perché i pastori a’ prencipi, e’ pescatori a’ predicanti
e altri dottori e
filosofi rispondono: onde, sotto gli avvenimenti
delle cose loro, s’introducono a
favellare insieme,
altri di lupi, altri del gregge, altri della sua donna
– che è
la scienza che ci governa, o la Chiesa si ponno
intendere –, onde allegoricamente il
mondo impara. Così,
da quelli del Sannazzaro, Ergasto viene accusato delle
fortune
umane, come tutti applaudino a chi vince:
Vedi quei doi monton che
insieme cozzano,
come ad un tempo per urtar s’abbassano;
vedi che al vincitor
tutti soccorrono,
e vannogli da tergo, e ’l vinto scacciano,
e con sembianti
schivi ognor l’aborrono, ecc.,
perché, quando venne Carlo VIII in Italia e cacciò dal
regno di Napoli gli Aragonesi, tutti i prìncipi a Carlo
applaudevano: e il Pontano
stesso a Carlo adulò con una
orazione, avvenga che fusse stato favorito dagli
Aragonesi:
e il Sannazzaro non volle mai fortuna mutare.
Vide quanto ben le cose umane si dipingono! E questa
d’Alessi e Coridone,
benché a’ nostri tempi per la bontà
della religione non va bene, pure ha la sua
allegoria:
quando un filosofo invita un giovane a filosofare, come
Socrate
Alcibiade, e questo si fa a pro dell’invitato e