Tommaso Campanella, Poetica, p. 420
Se tutte le nazioni stessero ne’ lor primi termini, non
si unissero e dividessero con
le guerre e con le mercanzie,
i significati non sarebbero adulterati, né, l’una con
l’altra
mista, [danno] cagionerebbe ad ambedue. Non
senza ragione divina la sacra
Scrittura narra la confusione
delle lingue esser del maggior tiranno del mondo,
che non solo quello che era degl’altri uomini, ma di
Dio ancora usurpar volea. Ma
perché molte volte cose
incognite e lontane mancano de’ vocaboli al presente,
doppo la prima confusione delle genti, e molti atti non
hanno modo d’esprimersi,
si sono trasferite le conosciute
voci all’incognite cose, e questo fa far la
somiglianza
di quello che non sostenta: però si sono fatti parlamenti
in ciascuna
lingua, quanti si veggono. Dunque per le
voci traslate, per le straniere e mescolanza
avviene che
le parole paiono significare secondo il piacere dell’institutore,
e
non naturalmente, perché adesso invero pochissime
voci abbiamo, che somiglino a’ loro
significati:
e quando ne occorre impor le nuove, non da esse cose
le caviamo e lor
proprietà, ma a caso si dicono e da quelle
che simili si tirano da qualche ignorante,
che ha l’autorità
di nominarle a suo modo, onde nacque la questione
tra’ filosofi
platonici e aristotelici.
Sono dunque gli elementi dell’elocuzione le lettere,
delle quali si compongono le
sillabe [e] le dizioni, più
prossime parti di lei; le lettere si dividono in consonanti
e vocali; le vocali si dicono così, perché nascono dal semplice
suono dell’arteria
vocale, sopra la quale si fondano
le ribattiture degli stromenti, le quali però si
appellano
consonanti, perché da esse non han suono, ma il
suono dell’arteria, in
cui si fondano la voce, figurano.
Però in quante maniere il moto dell’aria, che
appelliamo
suono, sbocca, tante vocali fa: e con quante si ribatte
negli
stromenti, che soprastanno all’uscita, tante fa
consonanti.
E perché cinque modi principali sono, da esso semplice
respirare son cinque vocali:
quando s’apre tutta
la bocca senza figurarla e il fiato solamente nel coperchio
dell’arteria suona, si fa [la] lettera «a», la quale