Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 147

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2. La materia poi e gl’elementi contrari a i cieli non da se stessi sono ordinati,
né guidati, né convenuti insieme ad integrar un mondo, sendo per natura
discordanti e repugnanti, e sol da se stessi inerti e stupidi, ma da cause
mentali e intelligenti, perché poi essi non san comporre un uomo, un culice,
una pianta con tanto lavoro e arte, se non fossero guidati da causa sapientissima
e potentissima, come né il fuoco e martello e lima san fare una chiave
senza il fabro potente e sapiente a moverli artificiosamente in tal effetto di
chiave per certo fine di aprire e serrare i vasi delle cose in essi conservabili, né
questa penna e carta e inchiostro e cielo e aria e caldi e freddi farebbono mai
questa scrittura senza me scrittore; dunque lo scompiglio e disordine, sendo
accidente all’ordine e al senno, è forza ad altro principio esteriore attribuirlo,
già che gl’elementi e la materia opportuna fan gl’effetti nel modo che son
guidati.
3. Però la filosofia cristiana ricorre al peccato dell’uomo primo, permesso
da Dio per scherzo e gioco, finché dura il periodo d’alcuni secoli in cui si fa la
comedia e la falsa (dicono in Calabria), non il serio governo e la vera, che ne
succedenti secoli aspettamo, e veramente conoscendo ogni filosofia gran valore
e senno nella composizione e governo del mondo, e di tutti enti minutissimi,
e nella costruzione dell’uomo e nel suo conoscimento, che conosce tutti i
mali e beni, e sa riprender quelli e lodar questi, e poi s’attacca al peggio tirato
da immaginevole gusto, tanto che tutti sapemo predicare e pochissimi operare,
è necessaria conseguenza che a noi altra virtù si convenga, e che si viverà
secondo la ragione, con tutte le virtù, esterminati tutti i vizi, dannati dall’ignoranti,
non che dalli savi, dopo che si finirà questa comedia, che sforza a fare
quel che la maschera rapresenta, non quel che la verità insegna.
Distinzione de boni e mali integranti ogni communità umana, e l’opinioni
che han gli uni degl’altri, e li fondamenti d’ambedui, e quanto
mal argomentano i malvagi al roverso
de Sennamanti
Cap. IV
Primo. Supposto lo scompiglio del genere umano, in ogni congregazione d’uomini
è necessario che ci sian boni e mali per il governo della communità: i
buoni hanno opinione che i mali sian mali per sé e agl’altri essenzialmente,
ma bene agl’altri per accidente solamente; i mali dicono che i buoni son mali
a se stessi e buoni per gl’altri, perché non sanno ingannare e dominare ed
esaltarsi sopra gl’altri, e pigliarsi i spassi di questo mondo, ma col non nocere
altrui e far bene son utili a buoni e a malvagi, ma non a sé:quelli son la

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