Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 155

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3. In presenza dell’amico e del buon non ti guardi d’errare, ma del nemico
e del malo sì, perché non pigli occasione a nocerti e accusarti, ed essi ci amendano,
e ci accorgono de vizii che ci essercitano alla virtù, questo e più considera
il Sennamante, e certo i mali, credendo nocere, ci sgravano, ed è sciocco
chi perseguita il nemico dove non può subito estinguerlo, perché lo fa valoroso,
come fece Savoia a i Genovesi.
4. Se io non fussi stato tribulato per 40 anni con varie maniere convenienti
e alla età e all’ingegno mio, e per 28 continui in man de Spagnoli vigilantissimi
all’altrui conscienza, io averia subito stampato quel che scrissi, e non l’averia
nominato, né averia riformato tutte le scienze secondo la natura e la Scrittura
vendicandole de manibus gentium, né averia trovato che dalla S. Monotriade
occultissima tutti gl’enti han l’essere e l’operare, e la scienza senza la sua notizia
non si può accertare e distinguere e pratticare utilmente, ma si parla a
caso, come fecero i Gentili. Non averia espugnato le sette tutte del mondo, né
chiamato quello alla vigilanza delli segni dati dal senno eterno, né averei conosciuto
Cristo primo omo in quel modo che S. Paolo vole e S. Geronimo ci
ammaestra. Né averia curato provedermi d’un’altra vita, se non mi vedevo
dato in preda alla morte da miei nemici, né assicuratomi di quella con tante
prove, che toccai quasi con mano l’altro secolo, che se deve alla grandezza
immensa dell’anima umana dal presente insaturabile. Né la conscienza s’ammendava
di false opinioni, crude passioni e ingiuste operazioni nella prosperità,
come s’è purgata in tanta tribulazione. Né li secoli futuri pigliariano quell’
essempio buono della mia pazienzia, la sicurtà e certezza d’un’altra vita per
cui ho sostenuto ogni danno e scommodo, come sicuro di meglio, stimando
poco ciò che d’altri si tiene per bono e ottimo, a confusione d’Achitofellisti, e
s’el carcere è scola di Dio, non ci è travaglio che non sia il medesimo, ed io di
tanta scola ebbi bisogno.
5. Quanto sia necessario la diversità d’ingegni e professioni e condizioni si
vede, perché se tutti oggi fussero re, come ciascun desidera, domane tutti sariano
cochi, non c’essendo chi facesse la cucina, e se tutti i cochi fussero membri,
non ci saria capo né piede né nasi né altro, e se tutti belli e piacevoli, non
ci saria conoscenza né di gusto, né di preggio, o di premio o di pena il sentimento,
dunque sì come è utile la varietà, così la deficienza del bene e male al
governo del tutto.
6. Nelle città e curie de governanti non solo ci son ministri d’ira notorii
come li sbirri e carcerieri e carnefici, ma anche tutti i malfattori, e più quelli
che son essaltati in grado per vizii appartengono a questo numero, etiam tra
cardinali e nelle congregazioni dell’Indice, e del S. Officio, e de vescovi etc.,
perché se nel collegio di Cristo furon dodeci, e uno di quelli era per l’avarizia
diavolo, e fe’ il tradimento evidente al suo Signore, non è meraviglia che tra

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