Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 101
Tutto dunque il mondo ha senso, come raggi del sole della sapienza
prima, et essa guida tali raggi con sapientissimo modo in
ogni cosa che pare stolta, perché la stoltizia è della cosa, e la sapienza
è della mente prima.
Da questa dottrina passiamo ora sicuri alla divinità umana.
CAPITOLO 27
Dall’imitazione dell’Autore della natura
l’uomo con quello convenire
Ora affermo che l’anima da Dio infusa sia all’uomo altra che lo
spirito caldo, e che per questa anima egli è atto ad unirsi più con
Dio, e far tante eccellentissime operazioni; ma non arriva mai a far
quel che fa ogni forma vile guidata dalla natura, se non si serve
dell’istessa natura. Questa natura è l’arte che Dio infonde ad ogni
cosa per arrivare al suo fine, et è intrinseca ad ogni cosa, e consta
de’ principii metafisici: possanza, senno e amore; e dell’istessi
ogni ente consta chi più e chi meno; e alli atti estrinsechi poi stendono
quest’arte gli enti, imitando l’intrinseca arte, e chi sa meglio
imitarla, quello si scorge di natura più divina. Talché è divinissima
la natura dell’uomo che imita l’intrinseca natura degli animali
e d’ogni cosa negli artifici esteriori; ma gli animali non sanno
imitare quel che in loro stessi è, né intenderlo; e se bene l’uomo
non l’intende a pieno, intende tanto che basta a mostrarlo divino.
Dunque ha fatto la città e la casa simile al corpo: la testa è il castello,
e così il palazzo superiore; si fè le sale come li ventricelli del
cerebro, la camera interiore come la cella diretana, il cenacolo come
la mezzana e sottana, le vesti e le mura come il cuoio, le strade
e corritori come i nervi, e l’acquedotti come le vene e arterie, i
fonti come il fegato, le fornaci e mantici come il cuore e il polmone,
le latrine e i reposti d’immondizia come la vessica, milza e fiele
e culo lontan dal naso e dalle principi stanze; fè i lambicchi come
i budelli, le cucine come il ventre, la dispensa come il fegato,
le finestre come gli occhi e orecchie, le molina come la bocca per