Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 104

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opinanti dicono, e questo altrove trattai. Qui basta vedere
che le cose sentano, e che l’uomo sia superiore anima alle bestie.
La trasmigrazione è dannata dai teologi, il peccare in coelis,
benché Origene l’affermi, è dannato dalla chiesa santa; né credo
potersi dar ragione, perché Dio inchiuda l’anime nei corpi dove
stanno carcerate, secondo san Paolo dice, e Salomone, e Trismegisto
dice che stanno in un sepolcro portatile, e ogni savio
questo conobbe. E quando miro che lo spirito dal sole ingenerato
è necessitato corpo formare, e vivere in carcere, e godere di
quello, come molti galeotti vidi star volentieri in galera e altri in
carcere, perché ignorano il bene della libertà e si sconfidano vivere
altrimenti, e Dio non dona tanto senno agli animali che desiderino
morte, come gli uomini, per isprigionarsi, non penso altro
se non che Dio per sua gloria mandi l’anime ai corpi, e per acquisto
di merito a loro mentre, lontane da Dio, lo riveriscono, riconoscono
e operano per sua gloria ogni cosa degna di tanto padre,
e stanno come in una milizia e steccato, onde vittoria riportar debbono
o perdita, e la teologia satisfà a tante curiosità quante si può
in terra.
Poi la figura tutta dell’uomo volta al cielo, e non prona a terra
come le belve, mostra la mente celeste in alto aspirare, come il
collo lungo dell’anitra per pigliare i vermi sotto acqua e delle cicogne
per le serpi, e la tromba dell’elefante per opere manuali sue;
la bocca lunga al cane per imboccare par nata, e ogni animale
è disposto in figura al suo fine, onde nacque la fisionomia nostra
con loro. Dunque l’uomo par fatto per mirare il cielo, e tiene più
cervello di ogni gran bestia, come Vesalio pur afferma con meraviglia,
e le celle larghe di molti spiriti capaci, servienti all’anima
immortale, come dirò or ora, e il commercio che ha solo con li superi,
e la profezia sopra naturale, mentre gli altri animali presentiscono

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