Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 105

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solo le pioggie, e venti, e quel che importa alla vita corporale,
mostrano l’uomo nato a quel sapere che ad altra vita importa,
e quella convenire a lui, come questa alli bruti.
CAPITOLO 29
Risposta et epilogo delle opere che mostrano l’uomo immortale
Ma se tutte l’operazioni dell’anima nostra sono communi alli bruti,
qual ne mostrerà che si separi come immortale dal mortale corpo,
e non come spirito svanisca in aria? e perché muore l’uomo
per troppa allegrezza e per la cicuta? E tutte le ragioni dette della
morte dello spirito contra la mente umana corrono.
Rispondo che quel ch’è in Dio, è in tutte le cose dove più chiaro,
dove più oscuro, e che se bene gli animali hanno tutte l’operazioni
che ha l’uomo, nondimeno sono tanto oscure rispetto a
quelle dell’uomo che ben si può vedere esser certo quel che Dio
manifestò a tanti pii e savii, che l’uomo sia immortale.
Hanno pur le pietre e le piante senso, ma rispetto alle belve
paiono insensate, e l’ostraga, rispetto all’elefante, par che non sia
animale. Nondimeno l’animale è atto ad esser amico e compagno
dell’uomo, come il cavallo e il cane e altri, ma non la pianta e la
pietra che solo servono ad usi bassi, come l’uomo così è atto ad
esser compagno degli angeli e di Dio, ma non le belve.
Parlai con un dotto fiorentino che credeva, come pur Macometto
par che senta, le belve dover risuscitare a gloria con l’uomo,
perché san Paolo dice che ogni creatura piange aspettando la
sua redenzione e libertà dalla corrozione; e che tutte faranno
decreto, che l’Agno divino è degno d’aprire il libro dell’Apocalisse,
come ivi è scritto. E dicendogli io che ciò s’intende dell’uomo
che ha somiglianza con tutte le creature, stava duro alla sua
credenza, che pur è di molti Indii. Poi dicendo io ch’era bestialità

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