Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 112

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si serve a far forme e stampe d’uomini. La collera è spuma di
sangue, e la malinconia feccia, e lo sputo vapore escrementizio del
ventre che in bocca si densa in licore; e pur Dio fece che servisse
la collera a pungere li budelli e lo spirito irritare per cavar fuori lo
sterco, e la malinconia fusse stimolo al ventre di cercar d’empirsi
quando è vuoto e magnare, perché non muoia l’animale, e dello
sputo per umettar la lingua, che parlando non si secchi, e per mollificare
il cibo, e farlo entrare ai pori della lingua, e gustarsi, e per
potersi trangugiare senz’affanno. Meraviglia del primo Senno!
Così la ragione è senso strano e non proprio, ma per quello Dio
ha fatto che tutte cose sapessimo, ma incertamente. Quando io
sento il fuoco, poco ne tocco e ne sento, nel che consiste la sapienza,
ma da quel poco ragiono della natura del tutto. Però chi è
più passibile e molle, più è atto a sentire e diventar savio, e chi è
duro, manco pate e bisogno ha di sapienza, onde gli animali più
deboli spesso sono più savii che li forti, e di questa passione Dio
si serve a meglio nostro e di chi l’ha, benché sia disposizione a corruttela,
onde solo Dio, che non sente fuor di sé né piglia da altri
scienza, è immutabile e solo immortale per sé, come dice san Paolo,
e ogni cosa è mortale in qualche modo, perché ogni morte è
mutarsi in altro, e ogni mutamento è qualche morte, come dice altamente
sant’Agostino. E l’imparare e il conoscere, sendo un
mutarsi nella natura del conoscibile, sono pur qualche morte, e
solo mutarsi in Dio è vita eterna, perché non si perde l’essere nell’infinito
mar dell’essere, ma si magnifica.
Dunque vera sapienza senza passione, ma attiva, è quella di Dio,
e in noi e nelle cose è il senso di se stesso primamente per cui s’opera
naturalmente senza discorso. Da poi è il senso delle cose esteriori
ch’è passione, onde sapemo quel che per noi è buono, poiché
non avemo in noi il bene nostro, come Dio, ma lo mendicamo. E al
senso siegue finalmente la memoria, il discorso e intelletto, che sono
sensi strani o lontani o deboli, e questi in tutto il mondo sono
impressi e pendenti dalla prima sapienza, poiché per tutto ci è arte
e ragione, come dice san Clemente con san Pietro. Ma ogni senso

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