Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 123

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e la chiesa canta il sole igneo, e tutto il cielo con autorità
d’Isaia prova san Basilio come noi di sottilissima e purissima
sostanza ignea constare; e sant’Agostino d’acqua in vapor conversa,
ch’è il medesimo. Anzi niega il cielo cristallino Basilio,
dicendo che sia impossibile star con l’empireo, che vuol dir igneo,
ma acque sopra il cielo porre Moisè, e sopra il firmamento, perché
si fanno nell’aria, ch’è pur parte del cielo ma più soda, e però
firmamento s’appella. E Iob dice esser fuso come solido rame il
cielo, non perché sia duro, ma sta d’un modo come statua, non
mutando sito, ma sempre nel medesimo luogo e ordine. Il sole
brugia dov’è possente, e genera cose nostrali dov’è debole, perché
queste blando calore constituisce, così come il fuoco dopo le selve
brugiate generar col blando calore si vede. Onde Averroè non
doveva stimare che sia equivoco perché l’uno strugge e l’altro genera,
ma ambi sono eguali, e diventa artificioso il calor blando
rinchiuso in materia per la necessità di vivere in lei, come abbiamo
sopra narrato, perché ogni cosa sente, può e ama l’essere quale ha
sortito; ma pure è sforzato dire che sia la luce del sole calda, e di
calore consimile e univoco al fuoco nel 2 De coelo, t. 42, dopo
lunghi discorsi che non l’acquetaro mai senza confessar questa
verità.
Dunque diremo tutto il cielo sentire e conoscere la sua conservazione,
e per questo moversi, ché è sua vita il moto, come alla
terra la quiete, poiché il calore sente e muove ogni cosa che occupa;
né la virtù del fuoco può stare senza l’essenza nel sole, come
si prova in ogni altro ente ancora, del che i sciocchi non vogliono

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