Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 137

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a conseglio e unimo; quando quieta, uscimo fuori alle finestre
e alli giuochi: dal che si vede che insieme patimo ogni effetto. Però
disse Omero che «tale è l’anima degli animi quale è giornalmente
Giove», intendendo per Giove l’etere e il cielo; e così Virgilio dice:
«Ma l’etere, gran padre onnipotente, fecondo di acque, andò
alla moglie in grembo». E altrove: «Giove d’ostri fatto umido fa
rare», ecc. Quinci si vede che se la mente nostra immortale non
fusse in questo spirito aereo involta, nunqua patirebbe insieme
con l’aria; ma quando ha in sé passion maggiore, poco è affetta
dalla strana. Però chi sta in balli e nozze quando il tempo è turbato,
poco sente la turbazione, ma seguita le sue allegrezze, ma
non quanto nella serenità.
CAPITOLO 8
Dalla profezia degli animali necessaria a loro
e dall’umana all’uomo si vede la nostra divinità

Non è facile a sapere perché gli animali antiveggono le pioggie,
come i corvi e pecore, e altri le guerre, come gli avvoltoi e l’aquile,
altri le tempeste de’ mari, come gli alcioni, altri l’amenità delle
regioni e copia del cibo da oltre mare sentono, come le rondini e
tortore, altri la caccia dentro le selve da lungi annasano, come i
cani, e li cavalli odorano l’imboscata de’ nemici. E nondimeno a
noi sono occulte queste loro profezie, e ciò non viene perché siano
più savii di noi e del fato, ma perché, sendo essi al ventre dediti,
che altro bene non conoscono, e a certe azioni di conservarsi
sempre attendenti, non sono li spiriti loro turbati da passioni interne
e da gran cure come i nostri, talché, tutte le cose facendosi
nell’aria senziente, il senso loro per la respirazione e porositade
communica con quel dell’aria e riceve le medesime passioni; dunque
ei sente le medesime cose, poiché sentire è patire. Ma ciascun
di loro presentisce quel che più importa alla sua vita particolare,
e non altro.

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