Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 157

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pur di nero la carta, non tanto quanto l’argento; ma la paragona
del suo colore ognuno. Sant’Agostino stupisce come il buono
argento annegrisca, dal che si potria dubitare che non sia vero
quel che nel primo libro fondai, nullo ente dare quel che non
ha. Ma qui è manifesto, perché la materia loro non è ben vinta, e
però essa in carta bianca annegrisce, ma pur imbianchisce con l’altra
parte bianca, ma non pare il bianco sopra il bianco. Ma nella
paragona negra, pare il bianco, e non il negro, perché essa è negra;
né si dice mai vinta la materia fra metalli se non è fatta trasparente
e frangibile, quando il viscoso volto materiale è già superato
dal volto del calore, talché il vetro è l’ultimo atto fra loro,
e la tenuità fra li vapori, e l’acquavita tra li liquori.
Si dice che suda il liocorno al veleno suo nemico, e bolle l’acqua,
dov’è posto, per la sua spiritalità; e i gioiellieri una pietra vincere
l’altra han notato di sfavillamento e vigore; e il muschio,
svanito l’odor nativo, essendo appeso dentro la latrina, s’unisce
per l’odio della puzza nemica, e s’aumenta il suo odore mirabilmente,
come ogni contrario tra li contrarii suoi fa sempre, se non
quando in tutto non è vinto in fin dell’azione.
CAPITOLO 14
Del senso delle piante e dell’amicizia e nemicizia
tra loro e con l’altre cose

Del sentimento delle piante nessuno doverebbe dubitare, poiché
nascono, si nutricano, crescono e fan figlinoli e semi come gli animali,
onde Platone riversi animali immobili saviamente chiamolli,
e Pitagora di senso esser dotati predicò. Ma Aristotile dice
che solo hanno vegetativa anima e non sensitiva, perché operazioni
di senso in loro non si veggono, e nondimeno non solo di
senso, ma di ragione altrove in loro atti conobbe, quando mostrò

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