Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 167

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Non può l’uomo, dentro un pugno di cervello chiuso, vedere
né conoscere l’infinito Dio, ma Dio condescende a noi et ci dà
notizia di ciò agli esteriori organi. Ma l’interno senso meglio conosce,
per somiglianza caminando all’infinito, che tutti enti circonda
e sostiene. Se un pesce non può tutto il mare insieme abitare,
né vedere, né noi tutta l’aria ingombrare, così e meno l’anima
nostra non può spandersi a conoscere l’infinito. Ma credere
che egli sia, e che sia buono, santo e giusto, e che possa e voglia
farci bene, più che il padre carnale, che non sa come ne genera,
ma solo si piglia quel gusto venereo, incitato dallo stimolo secreto
che Dio a tutti stromenti suoi pose, è necessario e ragionevole.
Or questa fede ha tanta forza che muta le cose create in quel
che desideramo, non perché è fede, ma fede in Dio causa di tutte
le cose, talché chi può e vuol servire tanto bene al Creatore che si
confidi della sua amicizia in tutto e per tutto, e che non voglia e
disvoglia cosa alcuna, se non secondo vuole e disvuole Iddio, né
operi contra Dio mai, ma solo quel che Dio commanda a lui in
particolare e in commune, il che fede vi si può dire e non istorica
solamente, costui si può fidar dell’amicizia di quello, e mutar
le cose create nei bisogni, miracolosamente; e così come un uomo,
commandando all’altro sopra cui può e fida, riceve da quello il
servizio, così, commandando all’altre cose, muove il loro senso sopito
e lo rende a sé obediente. Vedremo un birro che commanda
a tanti valenti uomini da parte del re qualche cosa e ognuno l’obedisce.
Così bisogna pensare che a chi da parte di Dio può commandare
secondo vuole Iddio, averà obedienza, e questo è il modo
come può una causa ignobile commandare alla più nobile e far
miracoli, se non esita nella fede che ha nel suo Signore. Ben disse
il Petrarca:
O fidanza gentil, chi Dio ben cole,
Tutto quanto ha creato, aver soggetto,
E ’1 sol fermar con semplici parole
parlando di Iosuè.

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