Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 211
cresce e avviva. Però i suoni hanno forza magica che lo muovono
a diversi affetti secondo la varietà: gli aspri della trombetta
e tamburo lo infuriano a guerra et ira; i molli e piani del liuto ad
amore; i facili e significativi della chiesa alla pietà. Però è vero la
mutazione della musica significare mutanza di costumi e di stato,
come Platone conobbe, e oggi si prova nei Luterani, che con
quella mutaro la religione; e può un suono togliere l’affetto malo,
movendo lo spirito d’altro moto che soleva.
Così Pitagora sanò li furiosi con moti dolci; Damone gli ebri
facendoli dormire con soavità di canto, correndo gli spiriti alla testa
per godere il suono; e li Pugliesi sanano i morsi della tarantola
inducendo il piacevole moto allo spirito che poi muove il corpo
e suda e sana. E quando si suona la gagliarda, non si può ballare
la spagnoletta, perché il suono muove lo spirito d’una foggia,
né lo lascia che possa il corpo egli muovere d’un’altra; e così
si sana la furia col contrario suono.
Ma qui è tempo di vedere se le voci, in quanto segni, non in
quanto moti solamente, abbian forza magica, e non è dubbio che
sì, perché noi vedemo l’oratore e il poeta far l’uomo piangere, allegrare
e adirare, ricordandoli cose che per natura muovono a
questo. E di più, un uomo sbravando all’altro li mette paura, e
accarezzandolo fiducia e amore, perché apprende qualche bene o
male dal significato della voce, ancor che non sia. Onde Cesare
nella guerra di Farsaglia con dire alli soldati suoi: «Astenetevi dalli
cittadini, ferite in faccia», fece molli li soldati di Pompeo mostrando
clemenza, e gagliardi i suoi che si credettero aver vinto
certo, poiché non bisognava ammazzare i cittadini contrari, e
ognuno si sforzò essere primo a dire vittoria. E si vede spesso in
Tito Livio che le voci dissonanti e fievoli della parte donde vengano
in guerra, significano la perdita di quella, perché mostrano la