Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 215

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CAPITOLO 17
La parola aver qualche forza nell’assente, e le cerimonie, e malie,
ma spesso intromettersi i demonii per inganno

Più difficil cosa è vedere come possa la parola muovere, nell’assente,
amore, odio, infirmità, morte, del che si vantano gl’incantatori
e maléfici; né solo di questo, ma di mutar l’aria, le stelle e il
mare. Del presente già s’è detto che si muta l’imaginazione e fa
operare lo spirito secondo quella, e io quando ero fanciullo fui sanato
da una donna, con parole, dal mal di milza, mirando alla
mancante luna, con licenza d’un mio priore, gran teologo, detto
frà Andrea Zappavigna. E se quel che vidi della milza appesa al
fumo, per cui sanò il paziente, deve aver credito, non bisogna
dubitare che molte voci, con affetto e cerimonie proferite, faccian
molti effetti. E le cerimonie servono assai per mutare il nostro affetto
e imprimerlo così nell’aria, la qual communica alla cosa dove
lo mandiamo, se quella cosa è disposta, e noi pur lo sentiamo,
come il cacciatore sente se la freccia ha colpito, per il ritorno del
senso e del moto. Onde Avicenna s’ammira come l’animo, proferendo
le parole con affetto, renda a sé obedienti le cose.
Alcune donne s’invitaro ad andare in un giardino; una non ci
andò; l’altre presero un citrangolo e lo pertugiavano con acuti
stecchi e dicevano così: - Pertugiamo la tale donna che non volse
venire con noi, e più volte facendo questo, gettarono il citrangolo
dentro una fonte del giardino, e si partirono, e trovarono poi
quella donna tutta addolorata che si sentiva transfiggere come
da chiodi acuti, da quell’ora che avevano fatto l’altre quelli atti al
citrangolo, e patì tormenti assai, finché tornarono a pigliare il citrangolo,
e fecero imprecazioni buone, e lo schiodaro; e quella
andò risanando. Io non so come il diavolo possa inducere dolori
e far danni tali alle creature, ma può essere che lo faccia. Pure

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