Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 219

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Questa magia osservò il patriarca Giacob che, volendo che le
pecore facessero figli bianchi, poneva nelli canali, dove s’abbeveravano,
verghe bianche e cose bianche, e in quel tempo rinfrescate
si movevano a lussuria e osservavano il coito, e così facevano
bianchi li figli; e se li voleva neri, poneva verghe nere, se varii, varie.
Or nota gran senno, ché allora le pecore beveano l’acqua
con grande avidità, ché in Mesopotamia ci è gran caldo e poca acqua,
e con questa avidità mirando alle verghe ch’erano nell’acqua,
lor s’imprimeva l’imagine di quelle verghe, amate da loro per il
gaudio dell’acqua che da quelle o in quelle scorreva. Così noi,
quando riceviamo una cosa desiata da qualche persona, ne resta
più l’imagine di quella persona che altre fiate. Talché, contente
dell’acqua, poscia ricevevano il seme, nello stesso tempo con quella
imagine in ambedue i genitori maschio e femina, e lo spirito e il
seme con quello istesso affetto e idea operava nel lavoro poi del
corpo, e l’esprimeva similmente, perché ognuno opera così com’è
affetto: la cosa calda scalda, la fredda affredda, l’irato fa con ira, il
timoroso con paura, l’amoroso con amore il suo effetto, e in quello
diffonde se stesso così com’egli è allora, perché agere è diffondere
la propria natura e sembianza, così come lo scaldare è fare altrui
caldo similmente come egli è, e scrivere è significare quel che
ha in mente lo scrittore, e far banchi è metter l’idea e sembianza
del banco che ha in mente nel legno.
Quinci puoi vedere la stoltizia di Aristotile che il lavoro della
creatura commette al moto insensato e quasi un niente, poiché
bisogna che sia virtù molto attiva e imaginante per potere esprimere
l’imagine nel figlio. Una reina, scrive Avicenna, mirando l’imagine
d’uno schiavo nero dipinto nell’atto di Venere, generò poi
uno schiavo; e già è usanza de’ gran signori dipingere belli cavalli
e belli cani, e farli vedere alli cavalli e alli cani quando si fottono,
perché simili li generassero. Ma mi stupisco poi che siamo
tanto bestiali che trascuriamo la generazione umana e tenemo tanto
conto della razza delle bestie.

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