Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 26

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CAPITOLO 11
Ogni natura sentire, se proibisce il vacuo contra Aristotile
Altri Peripatetici, veggendo la fredda ragione d’Aristotile, dicono
che non si dà vacuo perché la natura il proibisce, e non dicono
qual natura; ma alcuni dicono la natura universale. Ma questo è
petizion di principio, perché intendono Dio o gli angeli o l’anima
del mondo proibire il vacuo. Già dimostrato abbiamo che questi
atti pendono dalle forme particolari, e che agli atti naturali la forma
ha virtù bastante, e che Dio opera in loro non senza le forme
loro, onde stimar si deve che ogni forma senta esserle male dividersi
dal suo tutto, e che operi ad ogni verso d’unirsi. E se la natura
particolare aborre il vacuo, ogni natura senso averà di sentirlo,
patendo, poiché così preste sono a soccorrere.
Ma una gran pietra non soccorre al vuoto per la corpolenza
grande, sì le piccole; poiché la chiave vacante, succhiato l’aere,
s’attacca al labro e tira e pende. Però le cose tenui, che più sentono
l’inconveniente e son più sollecite, soccorrono a quello.
CAPITOLO 12
Lo spazio aver senso attrattivo,
e le cose piuttosto amarlo che aborrirlo

Veramente difficil cosa è intendere se lo spazio universale aborrisce
di restar vacante, sendo egli creato per sostenere i corpi, talché
quando è vuoto tiri quelli a sé, poiché nella materia anco appetito
e senso trovaremo. E io certo son di parere che lo spazio,
a locare nato, tiri a sé i corpi, non con instrumenti, ma con appetitoso
senso, perché esso ancora ha potenza di essere e senso
d’essere e amore d’essere tale quale Dio l’ha fatto, onde alcuni
Arabi stimaro che lo spazio fosse Dio, poiché ogni cosa sostiene
e a nulla è contrario e tutte riceve benignamente, e non morono
mai in lui e per lui, ma solo l’un corpo rispetto a l’altro è morto.
È grandissimo non di quantità materiale ma incorporea; e infinito
fuori del mondo si stima essere, amante, benefico d’ogni
cosa.

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