Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 35

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estinguersi: dunque è senso della materia. Similmente, che sia tal
moto accelerato dalla molt’aria sempre crescente sopra il cadente
spinto, come altri dice, si refuta, vedendosi, per contrario, che di
sotto l’aria s’addensa, e, dunque, più atta saria a tardar l’impeto.
Or questo appetito, per rispondere ad Avicenna, nasce da senso
non animale, ma naturale; ma tutte sensazioni, venendo dalla
prima sapienza, han fra loro somiglianza, e così tutti gli appetiti.
Et è vero che la materia non desidera la forma che ha, ma gode di
quella, e si fa d’esse due il composto e il consenso, che quel che
l’uno vuole anco l’altro vuole; ma appetisce l’altre forme quando
è a quelle disposta e non del tutto informata: così con la tepidità
desidera maggior calore, perché anch’essa tepidità crescere agogna.
Di più, è da stimarsi che il suo senso si conformi al senso d’ogni
forma, e che non senta dolore nel trasmutarsi per sé, ma per
accidente, come provamo che la carne nostra si duole sendo incisa
o battuta, e non solo l’informante temperie pate, ma il calore e
la mole corporea, di cui essa temperie consta. La ragion commune
lo stesso persuade, perché, avendo essa potenza d’essere e appetito
d’essere a quel fine che Dio l’ha fatta, abbia anco senso d’esser
materia, e non agogni d’esser altro che materia, come tutti gli enti
sentono se stessi essere, e amano essere, e aborrono il non essere.
Di più, perché è inerte e informe, atta a ricevere ogni arte e forma,
è invisibile, perché non può agere nel senso nostro; dunque è
nera, perché la tenebra così si vede ad occhi chiusi, come aperti;
e la tenebra è qualità passiva a lei conveniente, non attiva; onde il
carbone, di luce privo, mostra la faccia materiale negra, essalato il
bianco sottile caldo; dunque è da stimarsi che goda di colorarsi e
mutarsi in varie foggie.
Di più, sendo passione il senso, e la materia nata a patire, è attissima
a sentire. Dicono alcuni ch’è nata a ricever le forme, e però
si dice desiderarle, non che abbia appetito, ma istinto, come la
saetta dal sagittario spinta. Questo si riprova con li medesimi argomenti
che sopra nell’altro libro mostrai, che l’istinto è impulso
di senziente natura, e che se a lei questo è naturale, forza è che
senta.

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