Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 46

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moto non hanno; ma, essendo dal fuoco resolute in fumo e vapore
più sottile, tutte si muovono e donano moto alle cose a cui s’attaccano.
Così il vento spinge le navi, e il fuoco le palle di bombarde,
e li monti e le fabriche getta al suolo, e il vapor chiuso fa la
terra tremare e agitarsi. Il moto, dunque, dell’animale, dal caldo
spirito venire è necessario, poiché anch’egli raffreddato ben poco
può moversi, et esalato lo spirito in parte o in tutto, anche in parte
o in tutto si perde il moto. Veggiamo poi il polso e il torace
sempre moversi, e il resto del corpo solo quando piace all’animale.
Dunque bisogna dire che ei sia composto di cosa che sempre
si mova e di cosa immobile.
Sempre si move il cielo e il fuoco, che privato di moto si smorza;
la terra sempre ferma sta: dunque, di parte celeste, cioè tenue,
calda e mobile, e di terrestre corpolenza torpida, consta l’animale;
e il sangue è in lui come il mare nel mondo, animal grande, per
nutrir lo spirito con la sua esalazione, e il corpo con la parte grossa,
e tenerli uniti. E si vede che quando un nervo è pieno d’umidità,
che non può passare lo spirito dentro lui, quella parte perde
il moto e si fa paralisia o spasmo; e di virtù immobile nascer moto
è impossibile.
Aristotile però, facendo ogni anima incorporea, fu forzato a dire
che sia immobile, e volendo insegnare come dona il moto all’animale,
risponde ch’essa, imaginandosi, produce calore e freddo,
e con uno dilata l’animale, e con l’altro lo piega e stringe, e ogni moto
a dilatazione e constrizione si riduce. Ma mai non ha saputo dire,
né può dirsi, né credersi, come l’anima incorporea, di nulla qualità
dotata, possa, solo col pensiero, calore e freddo produrre. Solo
Dio questo, pensando, far può; né può l’anima, così presto,
quando un uomo balla e salta, far tante freddezze e caldezze quante
sono le piegature e dispiegature del ballo; e questo a noi saria noto;
ma ben veggiamo i nervi e muscoli gonfiarsi e disgonfiarsi, ora
spingendosi lo spirito dentro, et or fuori, e or torcendo le corde
de’ nervi e producendo i moti; né mai Aristotile mostrerà nella natura
questi atti da sola imaginazione procedere. Io movo questa

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