Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 7

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Dunque per sé dona al legno calore ancora, quel che esso è
et ha; ma per accidente avviene che perisca il freddo, che non può
star col caldo; e il poter perire, il che piuttosto è impotenza, come
dissi nella Metafisica, avviene al freddo perché egli non è caldo,
onde seco non può stare. Dunque, questo pende da qualche non
essere, e, per conseguenza, dal commune niente onde le cose nacquero.
Ma qui tanta arguzia non si può disputare, altrove detta,
ma solo inferire che nulla cosa dona quel che non ha.
CAPITOLO 3
Malamente Lucrezio negare il senso alle cose;
peggio Galeno; e che han detto i più savi

Insorge Lucrezio epicureo mostrando col suo Democrito che di
cose non senzienti il senso nasca, poiché di non ridenti né piangenti
elementi si fan gli uomini che ridono: e molti consimili esempi
apporta contro Anassagora. E io sto nelle medesime risposte,
che pur ci sia il riso e il pianto negli elementi, ma non a quel modo
ch’è negli uomini, perché il riso è dilatazione di spiriti, e questo
dilatare è nelle cose rare; e il fuoco, quando occasione di conservarsi
sente, si dilata e allegra nel suo modo. Il pianto è un costringimento
di spiriti, che per capire getta fuori l’acqua che sta
fra le membrane e la calvaria della testa, come quando si spreme
la terra aquidosa e acqua getta. E ogni cosa dunque è nelle
cause, ma in vario modo.
Qui bisogna esser accorto che Lucrezio non solo il senso nega
alli principii, ma dice, con Democrito et Epicuro, che ogni cosa si
fa dal concorso degli atomi che allo spiraglio del sole miriamo;
e, secondo le varie configurazioni che quelli prendono agitandosi

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