Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 76

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che le mosche non han memoria, perché, scacciate, sempre tornano
al lor male, e pur han senso.
Dopo questo, dicono esser altra l’imaginativa che la memoria,
perché molti han buon senso e memoria e mala imaginativa, e vogliono
che questa guidi l’animale quando dorme, e tutte le potenze
son sopite e raffreddate, e solo l’imaginativa vigila e ci fa sognar
cose stravaganti e ordinarie. E soggiongono un’altra esser la razionale
che discorre dalle cose cognite all’ignote, il che non fa il
senso, né la memoria. Questa altri fan medesima con l’intellettiva,
altri la dividono, e dicono esser suo offizio d’intender le cose universali,
generi e specie, e in questo consistere la sapienza; ma il
senso solo conoscere i particolari delli quali non ci è scienza, perché
sono infiniti e varii. Potemo sapere che sia uomo, ma non Pietro
e Martino.
E prova Aristotile che l’intelletto sia altro dal senso, perché il
senso dal veemente sensibile è corrotto, come dal fuoco e dal tuono,
ma l’intelletto dal grande intelligibile è perfezionato, che quanto
più cose universali e astratte sente, più s’affina ad intendere; e
perch’è atto ad intender ogni cosa astratta di materia, vuol che sia
separato dalle cose e immateriale. E qui alcuni intendono separato
dagli oggetti, altri dal corpo, e vogliono che non sia atto di corpo
l’intelletto, e però si può separare et è immortale. Ma vedendo
Aristotele che la potenza passiva non age, ha trovato che ci sia un
altro intelletto agente, che rende immateriali le cose materiali e le
dona a conoscere all’intelletto passivo, ma egli sendo attivo non
intende, perché l’intendere è passione.
E qui fan gran rumore i Peripatetici perché altri, come Alessandro,
vogliono che solo sia immisto e immortale l’intelletto attivo,
e il passivo esser temperamento, e che sia un intelletto agente
in tutti gli uomini, ma non il passivo. Averroè vuole che l’uno e
l’altro siano astratti e immortali, e differiscano solo che l’uno age
e l’altro pate, e sono un solo in tutti gli uomini, ma non nelle bestie,
e che la beatitudine nostra sia di pochissimi che s’uniscono
con l’intelletto astratto per mezzo della scienza. I latini vogliono
che sia ogni uomo con la propria anima secondo Aristotile, e che
l’intelletto agente e passivo siano due facoltà della medesima anima
razionale.

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