Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 80

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di guidare i dormienti, ma più tosto alla ragione, a cui la vigilanza
era più propria. Ma vedendo che l’uomo s’inganna imaginando
quel che non è, e che in sogno quest’inganno è più spesso, fece
una novella parte d’anima per quel tempo.
Ma che il discorso sia imaginativa pur si vede, perché noi discorriamo
alle cose ignote per le note al senso, e questo medesimo
fa l’imaginante: si pensa un castello in aria, un uomo con cento teste,
perché gli è noto il castello e l’aria e l’uomo e le teste, e così l’accoppia
insieme, e dividendo un moto s’imagina un mezzo uomo e
con altro mezzo un semicapro. E imaginiamo come sia il re dal vedere
un altro offiziale, e perché avemo i moti delle grandezze e picciolezze,
aggiungiamo all’offiziale grandezza e diciamo: così è il re.
Talché sempre da simili si camina, e così nel senso, che quando
veggo Pietro mi par vedere Dionisio, perché somigliano, e si
sente una cosa in un’altra presenzialmente nel senso; e così nel discorso
dalle cose presenzialmente sentite e in memoria serbate alle
non sentite si va. Dalla vista del papa pensiamo qual sia la maestà
di Dio, e dalla sottilezza dei venti gli angeli invisibili; e dal vedere
che un grado in cielo porta settanta miglia in terra, discorriamo
che ogni altro grado simile porta altrettanto, e così di 360
gradi la rotondità tutta misuriamo. E il numero fin alli dieci corre
tra noi uomini perché dieci dita abbiamo; ma chi sa come e
quanto corre fra gli angeli? E dal nostro palmo sappiamo la misura
d’ogni cosa, «tanti palmi sono» dicendo. E queste sono tutte
notizie del senziente spirito che dal notissimo all’ignoto camina,
e tutti gli errori nascono perché stimiamo le cose come noi siamo
del tutto, onde i Macomettani fanno Dio corporeo, e così Tertulliano
gli dona effigie umana, e opiniamo degli angeli al nostro
modo; e perché non hanno occhi i venti, pensiamo che non veggano;
ma chi sa discorrere in tutte le similitudini, vedrà che gli occhi
non vedono, ma chi sta in loro; e così Aristotile imagina e discorre
essere altra la discorsiva, perché l’occhio e il naso non discorrono,
e non vede che chi sta in loro solo dall’effigie esterna

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