Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 89
CAPITOLO 24
Varie opinioni dell’anima umana
Considerando Pitagora ogni operazione che all’uomo conviene,
pure alle belve convenire, e senso e memoria e discorso e intelligenza
in essi scorgendo, per li detti esempi, argomentò che l’anime
nostre, da’ corpi partendosi, entrassero nelle bestie e di loro a
noi, poiché solo nella formazione degli organi differiamo, e poco,
come gli anatomisti e pittori ponno riconoscere. E perché vide l’anima
star sopita, errata e travagliata nel corpo, per qualche pena
pensò esser dalla prima causa rinchiusa. Platone dice che peccaro
l’anime in cielo. Origene siegue questa opinione, perché Salomone
affirmar pare così, dicendo: «Io era buon fanciullo et essendo
più buono ho sortito anima buona e venni a corpo mondo non
imbrattato». Virgilio dice che Dio le manda per suo gioco dopo
mille anni nei corpi, essendo purgate prima altrove e scordate
delli affanni che patirono; e Platone giuoco delli dei esser l’uomo
conferma, e l’anima esser immortale non per le ragioni ch’Aristotile
dice, ma per altre più dotte e argute, e inchina a Pitagora e
Timeo nostri paesani, facendo la trasmigrazione dopo dieci mila
anni. L’istessa opinione seguirono gli Esseni e parte de’ Saducei,
onde pensarono che Cristo fosse Giovanni o Elia o Ieremia, e oggi
alcuni Bragmani e Cataini consentono alla trasmigrazione.
Ma odo la maggior parte credere che noi siamo come le bestie,
solo d’organi più atti a meglio oprare differenti, talché Epicuro regna,
e più in quelli che lo biasmano. E tra li tempi antichi Erodoto
s’ammira d’alcuni che credevano l’immortalità dell’anima, tanto
era l’opposito dal volgo creduto. Molti Peripatetici l’istesso