Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 96
lui ti ricordi e a lui ti manifesti, ad un vento, una vanità? E pur
l’hai fatto signore d’ogni cosa»; talché Cristo conclude contra i
Saducei: «Dio è Dio de’ vivi, non de’ morti». Dunque, dichiarandosi
a Mosè Dio delli padri suoi, è segno che li padri vivono in
Dio dopo la morte, ché tanta affinità saria troppa con una cosa per
due giorni viva e in eterno morta. Chi nega tante visioni e testimonianze
d’uomini da bene e savii, non si può mai sodisfare, e così
deve negare ogni istoria che esso non vide.
In questo libro presuppongo che Dio sia, e che siano gl’intelletti
astratti, e che ci sia scienza e senso almeno negli animali per
poterlo provare negli altri enti, perché io so bene che uno scettico
che nega la scienza, e un epicureo che nega Dio, a queste ragioni
poco assentirà. Ma nella Metafisica ho disputato queste presupposizioni
con tutti li contradicenti.
CAPITOLO 26
Tutte cose essere e operare come instrumenti della prima causa,
e il sommo bene essere l’eternità d’essere,
che ogni ente brama e conseguisce nel suo modo
Ma per iscoprire ogni magagna farò qui nuovo principio, che ogni
ente desidera il suo bene, e più il maggior bene, e del tutto il massimo.
Poi trovo che il ben massimo di tutti gli enti sia il conservarsi
in vita et essere, talché il caldo contrasta al freddo, e il freddo al
caldo, e ognuno cerca d’amplificare il suo essere e uccidere il nemico
per assicurarsi di sua vita, e però ciascuno al suo luogo dove
meglio vive portarsi: il fuoco in su, l’aria sopra il suolo, l’acqua al
mare, gli uomini alle città. E ognuno cerca, per conservarsi, il magnare;
e per la sua vita il lupo uccide le pecore e ogni innocente animale,
la pecora uccide l’erbe e arbori, e altri animali gli altri; e l’uomo
uccide tutti per suo commodo. E così le piante si vestono di