Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 98

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nuove piante generano, e per conservare i semi li cingono d’osso
e poi di polpa, e con le foglie li difendono dal caldo e dal gelo, e
con spine dalli animali per quanto ponno.
Gli animali, poi, sendo di più sottile ingenerata sostanza formati,
si agitano e distaccano dal luogo dove nascono, perché a loro
non basta quel cibo terrestre come alle piante, e si vestono di
varie scorze, teste, squame, pelli, s’armano di corna, unghie,
denti, e quanto operano e hanno si vede esser drizzato alla conservazione
della vita; né cosa soverchia in loro si trova, né manca,
come chi ben mira confessa con stupore. La mirabile proboscide
dell’elefante fa esclamare Galeno in laude di Dio, e 1’anatomia
mostra che non si può in loro altro desiderare, né levare un ossicello
o una piccola fibra che non si scomponga la fabrica loro, ordinata
tutta alla conservazione.
Or se queste cose così stanno, gran dubio è chi sia l’architettor
loro, e dove tanta arte alberga, e se nell’uomo ci è parte che miri
ad altro che alla conservazione di questa vita. Certamente bisogna
dire o che Dio le fabrica immediatamente o qualche deità nobilissima,
e che in loro abiti anima divina che le regge, perché non
può reggere un magistero chi non l’intende; per il che stima Virgilio
esser la prima mente infusa nel mondo e far tutti questi
corpi e forme, e così animarle e guidarle al fine. E certo non paiono
opere di virtù stupida, né d’anima di bruto, né umana, ma
d’assai più razionale, e intelletto grandissimo pare che le guidi.
Io mi stupisco che l’uomo ha tanto ingegno, e l’anima sua regge
il corpo e pur non sa come lo regga. Si fanno in noi tante concozioni,
separazioni, aggregazioni, nutrizioni, assembramenti, e
non potemo intendere come le facciamo. E pure noi che siamo
anima facciamo questi atti, né possiamo saper fabricare un corpo
di questo garbo, e con mirar tante anatomie manco l’intendiamo.
Di più, stiamo a dubitare che cosa sia anima, e noi dubitanti
siamo l’anima, perché il corpo non sa discorrere, sendo grosso, ma
solo sentire il presente affetto. Or se noi ignoramo noi stessi e la
fabrica del corpo nostro e il reggimento, perché non sappiamo come

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