Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 279
et morire: onde fanno ogni forza per uscir da quella
regione in un'altra, come la polvere dentro lo scoppio
conversa in sottigliezza cercando ampio spatio
esce con impeto all’aria et porta seco ciò che s'incontra.
Però nel mare et nelle foci de fiumi quasi sempre vento
si trova, perché dall’acqua agevolmente si fa vapor copioso,
che cerca spatiosità per la sua vita. Può esser anchora
che l’aere, bollendo come acqua, assottigliato si spanda,
et spandendosi corra con impeto et faccia quel che
diciamo vento. Non l’estate, perché qui è il centro del bollimento,
dove il sole soprastà, et l’aere fugge altrove al circuito;
né anco l’inverno, perché è troppo lontano il principio
del bollimento; ma bene la primavera et autunno
si fa vento a noi dal centro de i venti equinottiali con più
portioni, perché siamo vicini a tal bollore. La
mattina da levante, dove il sole rarefà l’aria o move i vapori,
spira un vento a noi leggiero per ordinario, il qual cessa
mentre arriva sopra il nostro meriggie, perché qui si fa
poi il centro del vapore o del bollore et corre il vento
altrove; ma la sera andando il sole a ponente, spirano a
noi venti da quella parte più vehementi dell’aura matutina,
perché si aggiunge il fervore occidentale verso noi corrente
e 'l vapore dell’Oceano di Spagna. Questo si fa
quasi in tutti elementi.