Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 429
il qual volle che si facesse più tosto la notte, quando non
li serve <la luce> per imparar <e negotiare> più.
Si fa anchora il sonno quando i fumi del cibbo vanno alla
testa: onde egli medesimo accorre per convertirli nella sua
natura, e lascia i nervi e le parti estreme, sì che resta il
corpo privo di moto e dorme. Resta però il moto della
respiratione per avvivare il sangue et far spiriti, onde l’università
si ristori; et si fa più lunga et grande che nella vigilia,
imperoché molto fuoco vi è bisogno nelle viscere di
tal moto. Similmente <il moto> del polso rimane per la
generatione delli spiriti, la qual mai deve mancare. Ma nel
principio del sonno ha la contrattione più spessa per lo
retiramento dalla circonferenza al centro; et nel mezzo
del sonno il polso è piccolo et poco distinto e
tardo, perché li spiriti occupati nella testa a combattere