Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 111
noi della divinità». E san Giovanni dice: «Annunziamo quel
che visto e toccato abbiamo e udito».
Dunque ogni scienza al senso s’appoggia, non dico all’occhio,
orecchio, ma alla senziente conoscenza, poiché Paolo alienato
e Catarinella mia videro tanto, né sanno se in corpo o fuor di corpo;
e questa è la scienza intuitiva delli scolastici. E pur li legisti vogliono
testimonii de visu, e l’astronomia dalle apparenze celesti è
nata, e ogni scienza discorsiva dalla precedente conoscenza del
senso, dice pur Aristotile.
Quinci t’ammira della divina bontà, ch’essendo l’uomo chiuso
in una scorza piccola e non potendo sentire tutte le cose, gli ha dato
le celle della testa dove lo spirito ha spazio di muoversi, e scorrere
d’una notizia in un’altra, di sembianza in sembianza, il che
non fanno le piante per non avere concavità, e le bestie l’hanno
picciole e non atte alli moti dello spirito come l’uomo, onde è avvenuto
ch’egli sia atto a conoscere le cose tutte per discorsi le quali
non può sentire. E perché più cose e maggiori sappiamo per discorso
e per ragione che per li sensi, è nata opinione che il discorso
e la ragione e l’intelletto siano le principali conoscenze, le quali in
vero sono languide sensazioni, ma tanto ricche che deificano l’uomo,
e da loro si chiama razionale, e le bestie sensuali, perché non
discorrono assai. E si vede che con un circoletto e un quadrante
misuriamo tutto il mondo, il che non fa sagacissima bestia, che dal
presente sensibile a pochi altri simili discorrono, perché, se bene
hanno migliori organi, non hanno miglior senziente spirito, né organi
interiori migliori di noi, né mente da Dio infusa che affina l’operazioni
dello spirito, come fa in noi, onde discorremo ad ogni
oggetto, e questo avviene perché le cose son simili tra di loro, e simili
sono perché pendono da una istessa causa potentissima, sapientissima
e ottima. Quindi adora la divinità prima, che del peggio
in meglio si serve.
La donna è imperfetto uomo, perché non ebbe tanto caldo che
fuora li genitali mandasse come l’uomo; e pur di questo imperfetto