Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 27

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Io certo ammiro la sua nobiltà, ma che sia Dio non credo, e in
Metafisica reprobai questa sentenza; ma ben conosco ch’esso sia
base d’ogni essere creato e che preceda a tutti gli esseri, se non di
tempo, almeno d’origine e di natura, perché, se fu il mondo creato,
dice Averroè che bisogna asserire che prima sia stato il vacuo,
perch’ei non intende dove poteva Dio stare et essere, né che lo
spazio immateriale nascer potesse da lui. Ma chi pone il mondo
creato, come stimo e credo io, poco queste conietture apprezza,
perché Dio è infinito, e non con dimensioni incorporee ricettacolo
appropriato alle materiali, come lo spazio; ma più sovrana magnitudine
ha Iddio che precede tutte queste. E da lui fu dato l’essere
e il poter locar i corpi e tirare, et esser prima base dell’universale
essere. E Dio non sta in luogo, ma il luogo è in lui; e non
come locato in luogo, ma come nel suo principio, largitore dell’essere
e della conservazion sua e d’ogni altro ente. Né ripugna
che insieme con le cose lo spazio creato sia, se non a quelli che di
Dio han bassa opinione.
Or se lo spazio è sì divina creatura, si può conietturare che le
cose sien tirate con voluptà a lui, e che per occupar lo spazio, ch’è
base dell’essere, le cose corrono ad empirlo, quasi acquistando volentieri
nuovo regno et esistenza; e che non solo ci sia lo scambievole
contatto che il mondo unisce, poiché va l’aria a toccarsi col
suo contrario per proibire il vacuo, ma che ci sia il gaudio dell’empire
il vacuo, e che non corra per proibire il vacuo, ma per regnare
e dilatarsi in lui, poiché l’amor di dilatarsi e moltiplicarsi e viver
vite assai in spaziosa esistenza proviamo in tutte le cose trovarsi,
che si moltiplicano, generano e diffondono nel luogo del nemico,
scacciando ogni altro, e sole esser bramando per sicurtà di conservarsi
et eternarsi e deificarsi se potessero; poiché tutte imitan
Dio eterno, e a lui, come a sua causa, simili farsi bramano; talché
con voluptà lo spazio tirar le cose si può pur intendere altramente,
come in Metafisica provai.
Nella prima composizione di questo libro che feci latino, e mi
fu rubato da falsi frati in Bologna con altri libri, e or mi bisogna

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