Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 34
mo si fa caldo, mo freddo, mo acqua, mo aria, mo fuoco e
terra e animale e pianta. Atto è, dunque, a mutarsi in ogni forma,
senza egli disfarsi mai. Dunque, essendo a questo fine creato, non
è violentato in questi atti, ma naturalmente riceve le forme, e con
gaudio e buona voglia, perché ogni ente quel che gli è naturale di
buona voglia pate e opera.
Quindi è nata sentenza di Platone e d’Aristotile, che la materia
appetisce le forme, come la femina il maschio, perché è sua
perfezione essere abbellita da quelle che sono partecipazioni della
beltà di Dio. Dunque, ella le sente, poiché le appetisce, perché
ogni appetito nasce da conoscenza.
Si ride Avicenna di questa sentenza, dicendo che non ha senso,
dunque né anco appetito, e non appetisce la forma che ha, poiché
la tiene, né quella che non ha, poiché non la sente. Anzi, il Telesio
dice bene che se il calore possiede una materia, si fa uno con
lei, e tutta per ogni verso la penetra e le toglie l’appetito del freddo;
e questa è vera sentenza. Ma quando la materia non è ben vinta
da nulla forma, si scorge appetire quel che gli conviene, e sentire.
Anco le cose cadenti in giù lo dimostrano, le quali spesso son
calde, come i carboni accesi, il vino caldo e simili, le quali, quanto
più a terra s’avvicinano, più affrettano il moto. Questo non può
avvenire per la forma che abbiano simile con la terra, essendo essa
fredda e secca, e le cadenti cose spesso calde e umide, né dal
calore, che desidera in su più tosto gire. Dunque, alla materia attribuir
si deve, la quale, non essendo vinta dal calore che la possa
in aria sostenere o movere, né dal freddo che la possa immobilitare,
essa, a sé stessa rimasa, non si può fermare, ché saria azione,
et essa per patire, non per agere, è fatta, e di quello, non di questo,
gode. Dunque, cade alla terra, fulcimento commune; e quanto
più s’avvicina, più il moto odioso affretta, come fan gli animali,
che nel fin della fuga si sforzano finire.
Dunque, è falsa sentenza di alcuni Peripatetici che accelerino
il moto, essendo dalla vicina terra confortate, le cose gravi, perché
questo converria solo alle glebe e parti terrestri, ma si vede in ogni
corpolenza, anco nemica alla terra e all’acqua, benché andasse ad