Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 43
e quando dal freddo è oppresso, l’animale perde il senso
e s’ammorta, e, spesso, al caldo posto, s’avviva.
Questo si vede nelli serpi e mosche e api annegate nell’acqua,
che poi, poste al sole o nella calda cenere, si assottiglia lo spirito
ch’era acqua fatto, e si movono e volano, il che a’ grandi animali non
avviene per avere molti organi che nella soffocazione dell’acqua
s’empiono e guastano; non così li loro stretti, che acqua poca ammettono.
Anzi, in Islanda e in altre isole d’Inghilterra, molti animali
gelano il verno, e paion morti, e venuta la primavera si ravvivano,
perché il freddo non guasta gli organi, ma gela gli umori, e lo spirito
non risolve, come fa il fuoco, ma tra gli umori e nervositati lo
ritiene. Così il vino congelato, in quelle parti, nel suo centro spartendosi,
si trova aver liquida la sua parte più calda e più sottile che
appellano acquavite; e così là si fa, come tra noi con lambicchi.
Vero è che pure il molto calore ammazza l’animale, facendo
esalar fuori li spiriti o rompendo li vasi, per accidente e non per
sé smorzandolo. Anzi, lo spirito in aria esalato vive vita aerea, e
oblia questa in cui fu inchiuso; e Galeno prova che sia calor nativo,
perché mangiando la cicuta fredda muore l’uomo. Io non
credo che il freddo della cicuta uccida, perché il freddo della neve,
ch’è maggiore, non ammazza s’ella è inghiottita; ma tutti veleni
uccidono, o perché rodono le viscere, come l’argento vivo e letargirio,
o perché copia di vapori viscosi al cerebro mandano e
all’altri vasi, dove lo spirito alberga, e li serrano, sí che esso spirito
non può caminare e abitarli, ma viene suffocato da loro prima
che li possa disciogliere, vincere e in spirito convertire. Quinci si
vede contra Aristotele che l’anima sensitiva non è incorporea e impassibile,
ma sottilissimo e volatile corpo.