Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 83
Né queste ragioni d’Aristotile sono bastanti a mostrar incorporeità,
astrazione e immortalità dell’anima, perché conoscere l’universale
senza materia è pur proprio del senso; ma la sensazione
presente vuole la materia presente; l’anticipata e lontana e per similitudine,
quali sono memoria, intelletto e ragione, vogliono anticipata
materia simile e lontana. Et ei medesimo confessa che
niente si conosce dall’intelletto che prima non sia stato dal senso
scorto, e le medesime cose particolari e universali s’intendono e
veggono in presenza e in assenza. Io veggo Pietro, me ’l ricordo
poi per un simile a lui, me l’immagino pur per simile e l’intendo
col simile e discorro a lui da altro simile sentendo sempre. Son
troppi grossolani quei che di ciò non s’avveggono; ma che ci siano
l’astratte similitudini e idee per le quali le cose sono simili, e
che noi di simili in simili sentiamo, in Metafisica dimostrai contro
Aristotile, assertore di questa opinione da lui non intesa e variata
da varii autori appresa.
Da queste ragioni segue che non per intendere l’universale,
che pur si sente, si deve porre intelletto separato da materia, e
molto meno il passivo, che come il senso ogni cosa farsi Aristotile
mostrò, e come il senso anco all’organo legato per lui; et ei pur
confessa esser l’intelletto passivo corruttibile, benché altri intendano
quivi l’immaginazione, ché ei, pur forzato dal vero, così la
nomina; e se per farsi ogni cosa da organi fosse separato, il senso
anco separar dovea.
Ma né anco Aristotile renderà mai ragione come questo intelletto
s’informa di cose contrarie, sendo un indivisibile, e come, intendendo
una cosa e informato di quella, possa altra pur capire.
E gli stessi argomenti sopradetti, contra il senso pura potenza, qui
militano contro l’intelletto pura potenza. Ma pure qui ha provisto
d’intelletto agente a separar le forme degli oggetti; ma come quelli
non restino informi non insegna, né può insegnarlo mai; e se
questo intelletto passivo immortale intende una cosa, come se la
scorda poi, perché l’impassibile non può patire mutanza del suo
essere? e come s’inganna? e perché li fanciulli non intendono, poiché
hanno intelletto sì possente che spoglia gli oggetti dalle forme
loro? e dopo ch’è inteso l’oggetto e fatto un coll’anima incorporea
impassibile, come di materia e di forma, chi ce lo toglie poi, e
chi ce lo fa scordare? E se ogni uomo ha un’anima immortale, bisogna
che siano infinite, perch’egli mette il mondo eterno e il numero