Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 311

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et restando scemo il rimanente, cominciò dall’istessi sughi,
ond'ella veniva, tirare a sé et nutricarsi di quelli, assomigliandoli
alla sottilezza et grossezza sua mancanti,
che sono spirito et corpo. Et andando più in sù con l’assembrato
liquor terrestre, copiosamente più trasmutandone di
terra in sua sostanza che non della propria sostanza essala,
per forza del suo strano caldo in aere giva crescendo, et in
tronchi rami fiori frondi et poi frutti si converse. Imperoché
voleva anch'ella diffonder da sé qualche parte, la
qual si facesse un altro lei, onde morendo restasse in perpetuo
nel simile, se non poteva in sé. Ché tal consiglio
diede il Senno alla voglia sua sfrenata d'essere communicandosi:
la qual contraheva da i principij suoi, cielo e terra,
perché la pietra e 'l metallo hanno la materia densa, che
difficilmente si putrefà, resistono più all’ingiuria
et vivono lungo tempo (però non hanno voglia di far
figlioli né tanto senso, poiché la propria corruttione, confidati
nel duro, non troppo sentono; dunque né anche
hanno modo di generar un altro simile in cui vivano, non
potendosi dividere alcun seme dalla lor durezza). Ma le
piante, sendo composte di duro e di molle e di spirito ch'essala
et sente la destruttione di sé stesso et la consuntione

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