Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 316

Precedente Successiva

et non può porgersi attorno, ma si spinge in sù dal gagliardo
caldo. Né le foglie dalle cime cascano, come delle quercie,
ché la ragia viscosa vi mantiene il caldo nelle parti tenere,
et le frondi sono picciole, per lo caldo potente et materia
poco solubile diminuite.
[AVERTIMENTI.
a. Dio, la natura, l’arte donano il desiderio del fine insieme
col mezzo e con i modi dentro o fuori della cosa da loro operata,
né mancano in necessario né abondano in soverchio.
b. Non è l’uscire del calore natio per l’ambiente causa della
putrefazzione, come disse Aristotele, ma l’augmento del calor fatto
sproporzionato alla sua mole; onde la rompe e manda vapori grossi
che fetano, anzi aggravandoci lo spirito sottile nostro; e fanno
vermi della mole rilassata, dentro la quale il tenue fa impeto e poi
organiza, non potendo in tutto uscire. Il fuoco grande arde et
non resta a far vermi et assottiglia i vapori, e non fetono
per consequenza, sendo il fetore vapore grosso.]
[DISCORSO SECONDO]
Le piante esser animali.
Sono le piante animali immobili, perché - disse il Senno -
quelli si movono che hanno bisogno di procurarsi il cibo,

Precedente Successiva

Schede storico-bibliografiche