Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 349

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in mezzo a loro. Un ramo di quest'arteria passa dal sinistro
polmone al sinistro fonte del cuore, dal quale allargandosi
tira il sangue a nutrire il polmone, sì come lo tirò prima
per originarlo; et per quest'officio si dice vena arteriale.
Dal destro polmone corre un altro canale per la membrana
fraposta et s'immerge nel destro fonte, portando aria
inspirata nell’elevatione del polmone per cagione di vacuo,
la quale avviva et assottiglia il sangue et quasi lo fa spirito.
Il qual sangue, bevuto dall’arteria magna diffusa per il
corpo dalla testa, avviva tutta la machina rendendola
più spiritosa, sì che, dilatandosi il cuore, tira il sangue
della vena cava et l’aere del polmone, e stringendosi manda
il sangue al polmone e all’arteria magna, e discaccia le fuligini
che nella cottura vi si generano. Tutte l’arterie poi si
movono continuamente stringendosi e dilatandosi, perché
lo spirito, sentendosi aggravare dal sangue che 'l cuor gli
manda, cerca di levarsi il peso assottigliandolo et facendolo
spirito: onde esso viene nudrito et augumentato in ogni
parte, et particolarmente nella testa. Dunque stringendo
assottiglia il sangue, et scaccia le fuligini e dilatando il
sangue et augumentandolo. Per questo dunque il
polso mai non manca, perché serve immediatamente alla
ricreatione delli spiriti che si perdono; et non può commandar
l’animale che cessi il polso, perché commandarìa la propria

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