Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 372

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anchora a farsi spirito attenuandosi et a convertirsi nella
mole delle parti del corpo inspessandosi è necessaria per
ristoro di quello, che sempre con l’essalante caldo se n'ascende
al cielo. Dunque vegnendo ad essere
lo spirito trasmutato dal sapore piacevolmente, sente soavità;
ma sconciamente, disgusto; mezzanamente, mezzi sapori.
l’insipido è al calor nostro natio simile, et però
non age, ché il simile dal suo simile non pate trasmutatione
né augumento, et ogni senso è mutamento. Quando
il frutto nasce subito è insipido, come è il brugno. Et poi,
sendo poco cotto dal suo e solar calore, si fa stitico, che
posto su la lingua l’appanna, chiudendole li pori con la
sua mole copiosa non digesta, poco trasmutandola il calore.
Poco più cotto diventa acido, perché la buona parte di
lui è assottigliata dal caldo, la quale acutamente penetrando
lo spirito lo dilacera, et egli per non patire ciò si
stringe. Dunque l’aceto stringe per la fuga
dello spirito, et perché dove arriva con la sua acutezza
fa essalare il caldo, et quel che resta s'unisce. Poi più
cotto diventa pontico, ch'è un acido alquanto dolce, essendo
l’altre parti grosse più digeste, et le tenui acute essalate, et
le rimanenti agguagliate perduta l’acutezza. Poscia ne

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