Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 441

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a marcirsi et putrefarsi per l’augumento del calore, s'accende
la febre, ch'è augumento del moto et del caldo dello
spirito apparecchiato a scacciar la cosa molesta. Et le
fuligini ritenute cagionano ancho febre, quando lo spirito
poi vuol scacciarle. Et quando a copia escono d'alcuna
vena, restando attaccati nella loro viscosità fanno nell’esterno
alcune macchie che si dicono nèi. Dunque tutte le
membra del corpo in successo di tempo si mutano nell’animale,
mentre altre parti <ne eshalano et altre> se ne
generano dal nutrimento in loro. Et questo mutamento
si scorge per lo più nelli settenarij et novennarij
(numeri fatali) haver compimento a tutte le cose del
cielo e della terra, perché in questi patiscono novità.
[AVVERTIMENTI.
a. Però un nervo reciso non sana, ché si nutrica di seme, il
quale è poco; ma il rosso è assai, onde la carne più si
scalda.
b. Non si fa simile alle parti del nudribile il nudrimento senza
alterazione, come dice Lucrezio; è però che nell’alterarsi ogni particella
piglia la sembianza a cui è disposta da gl’antichi patimenti
fatti dentro.]

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