Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 472

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et quel che ha differente e proprio a sé solo. Dunque dona
lo spirito poi il nome a tutto quello che lo muove, notandolo
a sé, significandolo a gli altri. Così nota tutti gli animali
ragionevoli col nome comune, dicendo «huomo», et ogni
particolare poi col nome proprio, dicendo «Pietro», «Agrippa»,
«Crasso», «Nasone» etc. dalle differenze individuali.
Ma non può notar l’uova con nomi particolari per
la troppa somiglianza loro, se non conosce con lunga
esperienza - come fa la gallinara - le loro minute differenze.
Così né ancho l’altre cose affatto simili, come
sono l’acque, le quali però particolarezza col vaso et col
fonte etc. Poi perché vede l’huomo convenire
col cavallo et con gli altri bruti nel moto et nel senso et
sensorij et nell’anima operante somigliantemente, tutti li
nota con nome più commune et dice «animale»; ogni consorteria,
contenuta sotto a questa, nota con nomi manco
communi, dicendo «cavallo», «leone» etc. Poi a quel che
vede simile nell’animale et nella pianta, che è il vivere,
apprehendendolo come uno, gli dà un nome, dicendo «vivente».
Et a quel che nella pianta et nell’animale trova
simile con essi et con le pietre dona nome universale più,
et dice «corpo». Et perché tutti sono, li dice «enti»,
in nome communissimo. Et la communità dell’individui

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