Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 476

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ma non le proprietà minute et intrinseche lontane dal senso,
che per similitudine investiga non essendo di loro artefice,
ma conoscitore solamente. Questa conoscenza dell’universale
è dell’oggetto non presente tanto al senso interiore
<come esteriore>. Percioché quando da lungi il senso vede
un huomo, prima dice, «È animale», et poi, avvicinandosi
più, «È huomo», et poi più, «È frate»,
et poi più, «È fra Pietro». Quindi è che il sensibile possente
distrugge il senso, come fa il sole a gli occhi e '1 fuoco
alla mano: ma l’intelligibile possente conforta l’intelletto,
perché egli è oggetto assente et lontano. Onde chi vede
il lontano meglio vede il vicino, ma non per il contrario,
perché il lontano move manco; onde chi riceve la poca, più
agevolmente la molta. Ma il sensibile vicino move assai,
et chi sente gran passione non può le picciole sentire.
All’incontro li fanciulli, prima che imparino il commune,
apprendono il particolare, né lo sanno applicare, perché non
discernono le particolarità dall’universalità; però
appellano tutti gli huomini padre. Per questo molte memorie
d'una cosa sentita fanno un'esperienza, la quale è
universale et principio della dottrina che s'insegna; ma li
particolari sono principij della scienza che si acquista, et
è propria di spirito puro et agile, che di ogni moto si move

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