Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 500

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moltiplicando sé medesimo. Et alle volte con tant'impeto
esce fuori per alcun bene non sperato, ch'egli medesimo
con la propria copia et impeto si suffoca et muore. Hor
quando apprende qualche bene si diffonde et ride: onde il
riso si può dire dilatatione delli spiriti, la quale si manifesta
nelle labre, che si contraheno verso le guancie
per la copia delli spiriti che vi accorrono a dilatarsi dentro a
i nervi et muscoli che escono dal quarto paio. Alle volte
si ride non volendo, perché allo spirito <non è venuto>
alcun bene onde si debbia dilatare, ma essendo punto nelle
parti più scoperte - come sotto i piedi et ne i fianchi -,
li dispiace alquanto per la paura, sendo quivi esposto
all’ingiuria, et refugendo si dilata in riso: mentre vede
che quel graffiare non gli nuoce, et che ivi anchora può
resistere al male, et è grandissimo piacere il non sentir
nocumento del mal presente. Però non sen
fugge, né ride, quando da sé stesso con la propria mano è
quivi fregato, perché da sé non apprende timore né gioisce
del non patir male, perché da sé non li sovanza. Altre
fiate si ride mentre altri piange per cosa che non dovrebbe
piangerla: onde lo spirito, che per pianto altrui come del

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