Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 110

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Dico dunque per lo più, non per sempre, che nel conseglio di Spagna
solo Spagnoli devono entrare e alcuni Italiani e Fiamminghi, e
più religiosi che hanno manco interesse. Nel Consiglio d’Italia, Spagnoli
che sono stati in Italia, e Italiani e due Fiamenghi, perché così si
contentano tutte le nazioni e i consegli si temperano. Perché i Spagnoli
sempre determinano contro i popoli d’Italia, parendo che ad essi
soli le grandezze, per il capo dell’imperio che hanno, convenissero. Li
Italiani sempre alla libertà d’Italia buoni consegli danno e rompono la
ferità spagnola. I Fiamenghi poi temperano l’uni con gli altri. Il Consiglio
di Fiandra, già che ogni nazione deve avere in Spagna il suo
consiglio, si deve ancora temperare con Spagnoli, Italiani e Fiamenghi
per le medesime due cause assegnate. Quel dell’Indie a Spagnoli e a
gente che si trovò in quelle parti, sia inglese o genovese o altra, ma
sempre i religiosi assistano. Nel Conseglio di stato sapientissimi Baroni
e uomini che sappiano i costumi e religioni e riti delle nazioni, e i siti
e la politica domestica e militare, siano di qualsivoglia razza.
Dico anco una cosa ammirabile e utilissima, che ogni sette anni o
ogni nove (numeri fatali) il Re deve fare una congregazione generale
di tutti i Baroni delli suoi reami, li quali venghino con tre servitori
soli in Corte del Re e con uomini sapientissimi di cose di stato e
di secreti di governo, e quivi proponga ognuno ciò che sa di cosa
pertinente alla grandezza della monarchia di Spagna e al particolare
governo del suo paese, e dica quali errori sono stati sino a quel
tempo, che si debbono togliere via, e i conseglieri di tutti i Consegli
siano presenti, e ogn’uno impari la relazione delle cose del mondo e
vegga ognuno in che cosa ha errato in quelli sette anni, e in che ha
fatto bene, e sia ripreso o lodato, perché in questo <modo> i
conseglieri penseranno di non consegliar cose indegne né disutili, e

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