Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 122

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bene mantenere gara tra baroni di comparenza, per bassarsi l’uno l’altro.
Ogni sette anni si può fare congregazione, come dissi di sopra.
Può ancora levar via tutte le vincolazioni delli stati baronali. Far
di più che ogni Barone nutrisca tanti soldati e cavalli al Re ogni tre
anni per quante migliara di ducati ha di rendita, cioè per ogni mille
uno. Di più, può dividere i titoli e fare titolati assai, perché la rarità
non li faccia più degni di sequela. Può anco fare che i stati <dei paesi>
di Napoli, Milano e Spagna e Fiandra siano comprati da forastieri,
come Genovesi, Fiorentini, Francesi e Veneziani, se potesse essere, perché
s’abbassarebbero i baroni paesani, e i forastieri darebbero maniera
al Re d’entrar nella signoria della loro patria. Però dico che il Re è più
signore di Genova che di Milano, perché in Genova nulla cosa si può
determinare senza sua volontà, né fare, per paura che hanno i Genovesi
di perdere i stati che hanno nei regni spagnoli, e non ha cura di
nutrirli, come ha di Milano. Chi mangia in casa tua serve a te, come
sempre i Fiorentini serviro a re di Francia ove traficaro.
Le terre di presidio mai a baroni si devono dare.
Si deve procurare che tutti i figli di baroni abbiano maestri spagnoli
per spagnolarsi, imitando gli abiti, costumi e modi di Spagna.
Quando sono assai potenti, si possono umiliare sotto specie d’onore,
come mandarli in officio lontano dallo stato loro, ove spendano più
che non guadagnano, e alle volte, scorrendo il Re per Spagna, alloggiare
in casa loro, per farli spendere con onore. Deve intendere volontieri
le querele de popoli contro loro. Né mai appresso il Re la
nobiltà, ma la virtù prevalere deve, e questa regola avanza ogn’altra.

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