Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 148

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usa mandar avanti assai gente di poco valore, che i nostri si stancano
ammazzandoli, e poi vengono freschi i giannizzeri forti, e ci vincono
ad ogni modo. Non mi dispiace questo uso, se non l’empietà sua. Per
questo si devono mandar a guerra gli uomini esperti, e con riguardo
di vincere per gloria del Cristianesimo e non propria, e non mandarli
a morir per ogni leggiera causa, e medicarli, per farli più amici al Re,
di man propria.
Devonsi mettere buoni predicatori nell’esercito, e animarli con
Dio ad usanza di Macabei, se vuoi vincere con pochi. I soldati proprii
devono esser più che li ausiliarii o mercenari, e posti nelle frontiere,
acciò quelli di mezzo non sfilino, e più osservanze ci vogliono, che
non posso dire io, che scrivo solo quello che importa a Spagna, ma
non tutta l’arte militare.
Si deve aver cura delli soldati che non siano trattati da pecore, e
però con le paghe a tempo, con le medicine a feriti di tua mano, con
le glorie militari, e con li buoni predicanti e con li premii s’allettaranno
a essere vittoriosi, fedeli e non ribellarsi, né ammutinarsi, che
sono due gran mali.
Devono i religiosi notare in libro i <gran> gesti d’ogni soldato, e
riferirli al Re nel tempo della remunerazione, perché questo fa che si
ritirino i baroni dalla guerra dicendo: Non è presente il Re mio, che
vegga le prodezze mie, né voglio star soggetto alla relazione d’un
invidioso capitano. Né deve essere remunerazione solo il danaro, ma
l’onore significato con qualche corona d’olivo o di quercia o altro, che
questo importa più per non avere a spendere tanto, e per averli più
fedeli, perché il danaro d’altri compera e vende la fede che comprasti
tu da loro, ma non l’onore, sendo vergogna appresso a tutti, etiamdio
nemici, lasciar il suo Re. Onde deve essere ammazzato impune chi
primo si mette in fuga, e chi primo si mette

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